Vicenza 21 aprile 2022 – “La società Miteni aveva attivato nei propri dipendenti i biomonitoraggi sulle sostanze tossiche all’inizio degli anni 2000, la Regione Veneto ne è venuta a conoscenza nel 2013”. Le parole della dottoressa Francesca Russo, direttrice del Dipartimento di prevenzione della Regione Veneto, che oggi ha testimoniato come teste dell’accusa nel processo Pfas, lasciano intendere che la ditta di Trissino fosse a conoscenza dell’utilizzo di sostanze nocive molto tempo prima che la denuncia-segnalazione arrivasse agli organi istituzionali, e che mirasse a tenere la cosa nascosta alle autorità.

 

Il tema è stato affrontato nel corso del processo davanti alla corte d’Assise in cui sono imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.

 

La teste è stata inoltre chiamata a rispondere sulle azioni messe in campo per preservare la salute delle aree contaminate. “La dottoressa Russo ha spiegato che nel 2013, quando sono arrivati in Regione gli studi del Cnr, le autorità sanitarie hanno elaborato e consegnato agli acquedotti i ‘parametri della performance’, cioè i valori di legge cui attenersi per l’acqua potabile, è sulla base di quei dati che sono stati realizzati i filtri”, ha commentato l’avvocato Angelo Merlin, che con i colleghi Marco Tonellotto e Vittore d’Acquarone tutela le società idriche Acque del Chiampo, Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi, tutte costituitesi parte civile.