Con il ritrovamento dei Pfas nelle acque prelevate dalla falda nel territorio vicentino si è resa necessaria l’adozione urgente e prioritaria di una strategia di adeguamento del sistema idrico con lo scopo di garantire la continuità del servizio di erogazione idropotabile ai cittadini. Una strategia declinata anche da Acque del Chiampo, come da Viacqua, in azioni concrete ed efficaci al fine di distribuire all’utenza acqua sicura, come l’installazione o l’adeguamento degli impianti per il trattamento e l’eliminazione delle sostanze perfluoroalchiliche e la realizzazione di interventi di interconnessione con altre fonti idriche sicure per l’approvvigionamento dell’acqua.
Strategia e azioni che hanno previsto da parte del gestore del servizio idrico integrato di via Ferraretta ad Arzignano un investimento, dal 2023 ad oggi, di oltre 8 milioni di euro.
Le risorse sono state stanziate per la sostituzione periodica delle masse filtranti, analisi di laboratorio e soprattutto per il compimento di nuove opere, come ad esempio l’estensione della rete idrica nei comuni di Lonigo e Brendola, il nuovo impianto di filtrazione a carbone attivo granulare dei pozzi “Roggia” a Montorso Vicentino, il nuovo serbatoio per il potenziamento degli impianti del Centro Idrico a Canove di Arzignano e altro ancora.
È quanto emerso oggi dalla deposizione del direttore generale di Acque del Chiampo Andrea Chiorboli, chiamato a testimoniare dinanzi alla Corte d’Assise del Tribunale di Vicenza nel processo che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.
Un’attività gestionale onerosa, sia in termini economici che operativi, che Acque del Chiampo ha condotto in sinergia con la Regione del Veneto e gli altri gestori coinvolti – costituitisi parte civile nel processo Pfas – Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi (assistiti dagli avvocati Angelo Merlin, Marco Tonellotto e Vittore d’Acquarone) – per individuare soluzioni organiche nell’ambito dei masterplan regionali, primo fra tutti il Modello Strutturale degli Acquedotti del Veneto (MOSAV).
Non solo: per contrastare l’inquinamento, Acque del Chiampo ha previsto fino al 2029 un ulteriore esborso di 29 milioni per un totale di 37 milioni di euro già impiegati dal 2013 o da impiegare nei prossimi anni per fronteggiare l’emergenza Pfas.
Costi economici che, uniti ai costi sociali dettati dal grave inquinamento, causerebbero ulteriori ripercussioni sui cittadini se gli imputati non risarcissero il danno provocato alla collettività.
A spiegarlo è l’avvocato Marco Tonellotto, legale di Acque del Chiampo: “Ciò che è emerso nell’udienza odierna segna in modo particolare quanto la vicenda dell’inquinamento da Pfas abbia determinato conseguenze gravissime – dichiara -. La prospettiva che questi costi vengano riversati sugli utenti è un’ipotesi che acquisirà concretezza definitiva nel solo caso in cui gli imputati e i responsabili civili non dovessero, come invece chiediamo in questo processo, risarcire integralmente il danno. In questo modo – sottolinea Tonellotto – il cittadino sarebbe sollevato dagli oneri di corresponsione di costi straordinari in tariffa. L’odierna costituzione di parte civile di Acque del Chiampo, e dei gestori in genere, è proprio nel senso di offrire ai cittadini una tutela ulteriore e aggiuntiva rispetto a quella di natura sanitaria, peraltro già assicurata da tempo e con immediatezza”, conclude Tonellotto.
A intervenire prima di Chiorboli, l’ex dg di Viacqua Fabio Trolese.
Per la società nata dalla confluenza di Alto Vicentino Servizi e Acque Vicentine il costo già sostenuto, e da sostenere con una stima fino al 2026, corrisponde a oltre 23 milioni di euro, al netto dei contributi pubblici stanziati.