“I fatti reato oggetto delle imputazioni nel processo Pfas, benché contestati fino al 2013 e al 2018, hanno invece le caratteristiche della permanenza perché l’inquinamento, l’avvelenamento delle acque e il disastro ambientale sono fatti che non si possono considerare esauriti. Ne abbiamo avuto ulteriore conferma dalle deposizioni odierne. Si delinea pertanto un quadro, maturato nel corso dell’istruttoria e chiaramente non conosciuto al momento della formulazione delle imputazioni, in relazione al quale abbiamo chiesto alla Procura di modificare il capo d’imputazione, ad oggi risalente a una impostazione di oltre 10 anni fa, per scongiurare la prescrizione che comporterebbe un grave danno per la collettività”.

Così l’avvocato Marco Tonellotto che, insieme ai colleghi Angelo Merlin e Vittore d’Acquarone, assiste Acque del Chiampo, Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi, costituitesi parti civili nel processo Pfas che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.

Oggi dinanzi alla Corte d’Assise del Tribunale di Vicenza hanno deposto il geologo Pierluigi Bullo e il professore ordinario di chimica all’Università degli Studi di Padova Antonio Marcomini, consulenti di parte delle società idriche. Interpellati, in esame e controesame, i due esperti hanno dichiarato che le sostanze perfluoroalchiliche, per la tipicità della loro conformazione chimica, non sono degradabili e a causa della loro persistenza possono rimanere nell’ambiente per centinaia di anni.
Soprattutto in ambiente acquatico poiché i Pfas hanno una composizione idrofobica. L’alimentazione dei fenomeni è d’altronde permanente, nonostante gli sforzi profusi dal sistema istituzionale per contenerli, anche perché Miteni e i responsabili non hanno mai realizzato interventi risolutivi. Ulteriori elementi scientifici sulla complessiva pericolosità dei Pfas che difatti hanno indotto i legali delle società idriche a chiedere al pm Paolo Fietta di rivedere il capo d’imputazione.

L’avvocato Tonellotto aggiunge: “Vi è peraltro la soddisfazione dell’adesione di tutte le parti civili alla nostra richiesta e siamo confidenti nel fatto che la Procura, che ha chiesto la trasmissione del verbale d’udienza per poter valutare la segnalazione, aderirà alla nostra nuova prospettazione. D’altronde, abbiamo sempre registrato una piena convergenza di azione con l’attività dei pubblici ministeri, in quanto l’interesse comunemente portato avanti con loro è quello di offrire ai cittadini la più ampia tutela e protezione. L’iniziativa giudiziale dei gestori è infatti in funzione di evitare la ricaduta delle conseguenze sulla bolletta degli utenti”, conclude.